OGNI MATTINA A JENIN (11/09/2017) - a cura della prof.ssa Anna Cosenza Toscano


Autore: Susan Abulhawa

Genere: narrativa straniera

Valutazione:

Un racconto di guerra, agghiacciante, bruciante e di nuovo agghiacciante. Di un amore impetuoso e di un attentatore suicida. Di una ragazza sfuggita dal suo destino per diventare una parola svuotata del suo significato.” Questa è la storia raccontata nel libro della Abulhawa; la storia della Palestina attraverso quattro generazioni di donne, ,la storia di un paese martoriato da una guerra incomprensibile e ingiustificabile, avallata dai conniventi alleati Occidentali per mettere a tacere una coscienza sporcata dai colpevoli silenzi ed assensi tenuti durante il genocidio ebraico.

Amal ( nome che in arabo significa speranza) si trasforma così in Amy ( privo di alcuna proiezione nel futuro ma…“Quali parole possono riscattare un futuro derubato del suo tempo?” Sicuramente una storia tragica e commovente, tuttavia , personalmente , trovo che l’autrice sia troppo coinvolta negli eventi per farli assurgere a dimensione universale e unica. Troppo personale il punto di vista così come sottolineato dall’abbondanza di proposizioni assertive, troppo facilmente liquidatoria la divisione in buoni e cattivi, l'unico punto di contatto tra due realtà tragiche ( ebrea e palestinese è Ismail- David,ma anche questo rimane un punto irrisolto) Comprendo quanto sia difficile scrivere di eventi così drammatici che oltretutto toccano così da vicino, ma se si vuol fare letteratura è necessario che ci siano le giuste distanze, la giusta dose di dubbi, la giusta trasfigurazione della realtà che diversamente finisce con il rimanere cronaca. Comunque interessante per lo squarcio aperto sui campi profughi palestinesi.